“Solitudo violata”. Un’emozione anche per bambini

L'ingresso alla mostra con la locandina

L’ingresso alla mostra con la locandina

Il 27 giugno scorso è stata inaugurata alla Certosa di Calci (PI) una mostra dal titolo impegnativo “Solitudo Violata”. La Certosa di Calci nella Grande Guerra. Per mesi avevo visto aggirarsi per i corridoi Antonella Gioli, ricercatrice del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, e i suoi collaboratori, spesso armati di telecamere e microfoni, e mi ero chiesta più volte cosa sarebbe mai sortito da questo ambizioso progetto di cui non sapevo davvero nulla.

Mostra al lavoro

La dottoressa Gioli con una collaboratrice al lavoro – © Sara Bruni via Twitter

Poi la mostra è stata aperta e tutto ha iniziato a chiarirsi. E a diventare sempre più affascinante, soprattutto dopo aver partecipato a una guida condotta dalla dottoressa Gioli che mi ha svelato dettagli, chiarito dubbi e fornito notizie inaspettate. Tuttavia alla richiesta: “Potresti pensare a un percorso didattico per i bambini accompagnati dalle famiglie o dalle scuole?” confesso che mi sono sentita spiazzata. Come coinvolgere i bambini in un argomento così delicato e impegnativo?
L’entusiasmo di Antonella Gioli mi ha però spronato a fare un piccolo sforzo e il suo interesse e coinvolgimento per le storie dei singoli personaggi raccontati dalla mostra mi hanno dato la chiave per trovare una strada.

Il più amato dei personaggi legati alla mostra: Jack Bosio - Raccolta Maria Francesca e Tita Bosio

Il più amato dei personaggi legati alla mostra: Jack Bosio – Raccolta Maria Francesca e Tita Bosio

I numerosi bambini che da anni accompagno attraverso gli ambienti della Certosa rimangono stupiti e impressionati da una cosa in particolare: sì certo, la grandiosità degli spazi e del monumento li colpisce enormemente, ma è soprattutto il racconto della vita che conducevano i monaci a conquistarli, stupendoli per le loro abitudini e incuriosendoli per una quotidianità così diversa dalla nostra. Dunque perché non appassionarli allo stesso modo al tema della mostra?

Raccontare storiE è il modo più semplice per conquistare i bambini e invogliarli a seguirti nella storiA.

Questa è una delle mie scoperte di questi anni di didattica con i bambini. Che mi ha portato a selezionare alcuni personaggi di gran curiosità e interesse per farmi seguire nella storia della Certosa durante la Prima Guerra Mondiale. E così ho preso confidenza con gli ormai famosi Jack, Margherita e Josef, ospiti del tutto inattesi in Certosa: il primo soldato italiano nei mesi in cui il monastero si è trasformato in caserma; la seconda, insieme a Gina e Lina, le note sorelle Bossalino, all’epoca della trasformazione in ospedale per soldati italiani; il terzo nel tempo più drammatico e doloroso per la nostra Certosa, quello dell’ospedale-prigionia per soldati austro-ungarici gravemente feriti o malati.

Le sorelle Bossalino con i soldati feriti in Certosa - Raccolta Adriana Bacci

Le sorelle Bossalino con i soldati feriti in Certosa – Raccolta Adriana Bacci

Suonerà sicuramente strano raccontarlo, ma ho accompagnato attraverso gli ambienti della Certosa bambini che di prima guerra mondiale non sapevano nulla o quasi, incuriositi e frementi di scoprire qualcosa di più su Jack e la sua mamma Mabel, su Margherita e sulla foto scattata durante la giornata di festa per i soldati malati, su Josef, autore di una poesia struggente e malinconica che ha intristito e impressionato tutti. Che dire poi del nostro viaggio indietro nel tempo, compiuto ogni volta che abbiamo varcato la soglia della mostra?

La soglia della mostra - il nostro viaggio nel tempo © Stefano Puzzuoli

La soglia della mostra – il nostro viaggio nel tempo © Stefano Puzzuoli

Un’autentica magia le installazioni multimediali che ci hanno trasportato in un’altra dimensione, distante e suggestiva, che ha sbigottito tutti, compresi i più gradassi che non credevano nel viaggio nel tempo!
Mentre le vetrine ricche di documenti e foto d’epoca, che mi chiedevo come avrei potuto far apprezzare a questi giovani uomini e donne avvezzi a ben altri mezzi e supporti, sono state letteralmente prese d’assalto: ma come sono piccole queste foto in bianco e nero! Guarda come scrivevano precisi…sei sicura che sia scritto a mano??? Lì c’è il nome del nostro compagno di classe (che emozione per i bimbi calcesani ritrovarsi in questo pezzo di storia).
Insomma, un’autentica sorpresa, anche per me che mi sono affacciata a questo esperimento piuttosto intimorita e perplessa.

Giochi di ombre di fronte alla cella del prigioniero © Stefano Puzzuoli

Giochi di ombre di fronte alla cella del prigioniero © Stefano Puzzuoli

E dunque? Perché racconto questo? Perché in questo blog raccolgo le mie esperienze di didattica, spesso riferendole in modo divertente per invogliare chi mi legge a lasciarsi coinvolgere, talvolta invece semplicemente per riflettere e confrontarmi con chi si interessa agli stessi temi. Ecco cosa mi ha conquistato di questa esperienza: la capacità e anzi il desiderio di tutti i bambini di lasciarsi coinvolgere e appassionare a qualunque cosa meriti la loro attenzione. Non credo ai commenti sospirati di chi rassegnato esclama “Ah questi bimbi, non si interessano più a nulla, pensano solo agli schermi e ai giochini” ecc. ecc. Sta a noi trovare gli strumenti, ascoltandoli e portandoli di qua, dove siamo noi, per lasciarci arricchire dal loro punto di vista e dal loro sguardo inesorabile e sincero.

Per chi ancora non ha avuto occasione di visitare la mostra il tempo è agli sgoccioli: l’ultimo giorno disponibile grazie alla proroga è il 4 novembre (la mostra è gratuita!).
Per le scuole che vorranno riviverne la magia è invece possibile grazie a due percorsi che resteranno attivi fino alla fine dell’anno scolastico: Jack, Margherita e Josef. Ospiti inattesi in Certosa e La Certosa di Calci e la Grande Guerra. Varrà la pena provare?

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