Vita in Certosa al tempo dei monaci…un tuffo nel passato

Finalmente è ricominciata l’attività didattica in Certosa! Dopo l’inaugurazione della stagione con la Giornata Nazionale delle Famiglie al museo, poche settimane fa è stata la volta della prima scuola, due quinte elementari (che oggi si chiamano classi quinte della scuola primaria, ma ci capiamo meglio vero se uso la lingua antica?) di una scuola di Pisa.
Sono passati due anni dalla prima esperienza del percorso scelto, Vita in Certosa al tempo dei monaci, ed in effetti qualcosa è cambiato; perché con Alice abbiamo osservato, testato, sperimentato e necessariamente aggiustato parecchio. Siamo soddisfatte dei risultati raggiunti? Ni.

Alice con la prima classe

Alice con la prima classe

Perché il percorso resta il più scelto e apprezzato dalle scuole, ma qualcosa ancora continua a non tornare e le riflessioni di Mario Lodi mi hanno suscitato ulteriori dubbi.
C’è un unico grande cruccio, che proprio non sappiamo come superare…curiosi di conoscerlo?
Ecco come si svolge il percorso. Più o meno.

Attorno alla fontana del chiostro grande

Attorno alla fontana del chiostro grande

“Sapete bambini cosa è la certosa?”
“Un formaggio?”
“…anche, ma guardatevi intorno, non vi sembra un posto spettacolare? Qui vivevano delle persone che si chiamano monaci”.
E da qui prende il via un breve ragguaglio sulla Certosa, il minimo necessario per iniziare il nostro viaggio alla scoperta di ogni segreto svelabile. Saliamo la doppia scala della chiesa: a sinistra il gruppo dei fratelli conversi, i monaci che si occupavano dei lavori più pesanti, debitamente muniti di una simbolica barbetta, a destra il gruppo dei monaci padri, guidati dal priore vestito con la cocolla e dotati di discrete basette. Che la gara abbia inizio!

Di fronte alla cella del chiosro

Di fronte alla cella del chiosro

Visitiamo la certosa stimolati dalla sfida a raccogliere più punti e vincere la squadra avversaria. Dovremo: scovare particolari curiosi negli affreschi (che ci fanno dei serpenti in certosa? non mi dire che c’è un monaco che beve un uovo!), discutere con i compagni questioni parecchio dubbie (solo venti tombe nel cimitero dei certosini…mistero misteriosissimo!), individuare il ruolo di alcuni strani oggetti (questo angelo è bellissimo! ma cosa ci fa in mezzo alla chiesa?!)…alla fine avremo scoperto davvero molto sulla vita dei monaci e le bellezze della Certosa e oltretutto ci saremo divertiti!
Bene, dove sarebbe dunque il problema?!

In chiesa attorno all'angelo

In chiesa attorno all’angelo

Davanti al cimitero: la morte secca!

Davanti al cimitero: la morte secca!

Beh, succede che in questo modo stimoliamo al massimo la competizione tra i bambini e mi chiedo: quanto è sano? Non a caso Mario Lodi metteva in guardia sui pericoli della competizione. Che per l’occasione si risolvono in battibecchi tra compagni, musi lunghi di delusione, accuse di imparzialità all’arbitro…beh vi sembra poco? È sufficiente spiegare ai ragazzi che lo scopo della gara era visitare la Certosa con un occhio diverso, lasciarsi coinvolgere dalla bellezza, confrontarsi col gruppo per riflettere insieme? Spesso sì, anzi a volte non c’è neanche bisogno di spiegarlo e la squadra perdente esce dalla Certosa più soddisfatta della vincente (maestra la Certosa è bellissima! impazzisco quando mi chiamano maestra! inutile spiegare che non lo sono…). Ma basta qualche caso di malcontento e sconforto per farci interrogare sull’opportunità di ulteriori aggiustamenti.

Un quesito ci attende

Un quesito ci attende

Sarei curiosa di sapere come risolvono casi simili altri operatori, educatori o gli insegnanti stessi. Come gestire e guidare la competizione? Ha senso farlo?
Nel frattempo continueremo a sondare gli animi di tutti i ragazzini che si lasceranno coinvolgere dall’incanto della bellezza certosina: il vostro arbitro vi aspetta, accidenti se è imparziale!

Lo scorcio delle cappelle

Lo scorcio delle cappelle

Ringraziamo Stefano Puzzuoli per le bellissime immagini: quanta pazienza Stefano!

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